Quella puntata di Barrico che dici tu, Dada, l'ho vista e rivista... E mi ha fatto capire quanto sbagliassi quando consideravo l'opera un genere "lontano" e "difficile". L'opera è tutt'altro che difficile... Perchè alla fine sono i nostri sentimenti messi in musica. Ad esempio quando Leonora canta Tacea la notte placida, e dice "dolci s'udiron e flebili/ gli accordi di un liuto/ e versi melanconici/ e versi melanconici/ un Trovator cantar..." come dice giustamente Barrico c'è un'increspatura nella musica, che io a volte avverto come un sussulto... Ma quante volte sarà capitato, quando si è innamorati, che all'improvviso, mentre stai facendo una cosa che con l'amore non c'entra nulla (chessò, lavori, lavi i piatti...) all'improvviso ti torni in mente qualcosa di lui? E allora fiorisce un sorriso ebete... e il cuore sussulta. Proprio come le note di Verdi. Come disse saggiamente Barrico, in quell'aria c'è un piccolo mondo, le parole sembrano quasi un optional. Non c'è bisogno che Leonora ci dica che ad un certo punto arriva l'ammmore suo, lo sentiamo da soli... Così come quando siamo innamorati non c'è bisogno di dirlo, ci si legge in faccia!
Un altro esempio, almeno per la mia percezione, è il "Caro nome" cantato da Gilda nel Rigoletto... Con quei trilli e quelle notine altissime... Non so a voi, ma a me viene in mente quando, da ragazzine ( e Gilda, ricordiamocelo, è una quindicenne...), si scriveva il nome dell'amato bene e poi lo si circondava di cuoricini... E chi non l'ha mai fatto? Ecco, quei trilli, quelle notine... Sono i cuoricini che Gilda mette intorno al nome dell'amor suo.