Non seguo il calcio con assiduità, non avevo mai sentito alcunchè su Morosini. Fino al tg di ieri sera.
Quando ieri sera, oltre ai dati-cronaca che raccontano la morte in diretta (successo qualche mese fa per la moto di Simoncelli e qualche settimana fa per la partita-pallavolo di Bovolenta..), hanno fatto il ritratto veloce biografico di questo ragazzo a me si sono affollati in mente una serie di vite e famiglie che ho incrociato più volte:
ci sono famiglie con più figli disabili non circoscrivono la propria vita su essi e anche per garantirne meglio il futuro "senza di loro", persistono e mettono al mondo un figlio sano (che rimane ultimogenito) sia per avere segno tangibile di poter mettere al mondo appunto figli sani, sia per supportare i figli disabili più grandi con la presenza di un fratello che possa occuparsi in futuro del loro destino.
Queste sono dinamiche familiari abbastanza consuete. Nel caso Morosini a quelle dinamiche si sovrappongono ben quattro eventi tragici:
I primi due eventi : la morte prematura (immagino fossero ancora piuttosto giovani) di entrambi i genitori nell'arco di pochi anni e ciò ha probabilmente imposto al giovanissimo orfano l'onere di pensare a se' stesso in prima persona, potendo contare solo sulle proprie forze e sulla propria ablità professionale (nel suo caso,non credo sia stato un caso che si sia dedicato completamente ad uno sport che dà autonomia economica in giovanissima età....successe lo stesso ad altri campioni.... Gigi Riva prima..i fratelli Baresi poi ... entrambi casi di orfani di entrambi i genitori da adolescenti).
Il terzo evento tragico: il suicidio del fratello maggiore /disabile
Non è affatto usuale che un disabile decida e porti a termine la decisione di togliersi la vita.
E quel fratello lui probabilmente se l'era sentito "affidato" dai genitori...cioè era uno dei motivi che avevano spinto i suoi al metterlo al mondo...Quel fratello si arrende e lo lascia qui, chissà con quale peso nell'anima, chissà se sentendosi o meno in difetto: la sua attività lo teneva per tempi lunghi lontano, altrove...e quest'assenza nel quotidiano com'era percepita dal fratello suicida? Era in grado di comprendere che era prioritaria per la vita del fratello minore? L'ha vissuta come una forma di egoismo? Chissà..noi non lo sappiamo, ma Pier Maria sì che sapeva e ci conviveva.
Prima del quarto evento tragico di ieri pomeriggio, c'è un'altra cosa che mi ha colpito: questo ragazzo ha cambiato società d'appartenenza molte,moltissime volte, e non pare per problemi di incompatibilità caratteriale visto che il ritratto che ho sentito è di un ragazzo "affabile..taciturno.." ma non un attaccabrighe, insomma uno di quei ragazzi che hanno chiaro quanto valga ciò che fanno sul lavoro e che non possano permettersi di essere "pavoni-primadonna" alla Balotelli (faccio esempio con lui per capirci, non per puntare-dita). Perchè non riusciva a fermarsi? Perchè non aveva le qualità tecnico-sportive volute dai diversi allenatori? Perchè non riusciva a legare in campo con i compagni? Perchè non era all'"altezza di squadre di serie A" ma si stentava a dirglielo?
Come dire:
"caro ragazzo, tu hai un groppone familiare che ti porti appresso anche calciando un pallone e questo incide sia sul tuo rendimento che sulla coesione coi compagni e siccome questi due elementi concorrono a individuare il "campione da massima serie" rispetto al "campione-buon mediano da serie cadetta" ...è tempo che ti renda conto e che non viva i prestiti in serie b (l'ultimo quello dell'Udinese al Livorno) come l'opportunità offerta nella speranza di approdare in A..ma come la definizione "finale" di un ambito professionale proprio. Sei adatto alla B, prova ad ambientarti in un luogo "fisso", vivilo come fosse una seconda famiglia...
Questo secondo aspetto è quello che è capitato a Riva col Cagliari (c'è rimasto indipendentemente dai risultati..dalla seria A o B...ed è diventato il Simbolo di quella realtà sportiva..).. è capitato a Franco Baresi col Milan ed all'altro fratello coll'Inter...Si sono identificati-integrati in un ambiente lavorativo assimiliandolo al loro ambiente-vitale familiare.
Quarto evento tragico - la morte in campo
E' doveroso sapere e chiarire se essa è una fatalità o di una carenza fisica latente (di quelle che si nascondono anche alle precise visite mediche), se il ritardo ambulanza bloccata all'ingresso ha inciso o meno..Uno sportivo in attività e sotto sforzo ha parametri diversi da chi fa un altro tipo di vita ed il suo motore-cuore deve rispondere a sforzi-prolungati..e si logora....e deve essere più che sano-efficiente.
Quesito Finale: Morosini ha calamitato-attirato SOLO sfortune-negatività?
NONE.
Intanto è il contraltare perfetto a quelle "schifezze di slealtà sportiva" che sono i giocatori che si vendono la partita o che scommettono su combine altrui.
E' l'esempio di quanto lo sport possa essere risolutivo in vicende familiari complicate, dolorose, ostacolate etc etc
E' l'esempio che chi ha la chance di farcela, è sacrosanto che venga "notato", "supportato", "coltivato" ma che una volta definito il suo ambito-professionale vada aiutato a comprendere quale esso sia, senza vivere nella fisima di dovere continuamente dimostrare di aver diritto ad "altro meglio"...chi ha una biografia tipo quella sua ha bisogno più che mai di punti fermi, di certezze, di conferme verso se stesso...non di imbonitori che ti illudono e che ti spingono a "dare sempre il massimo perchè così ti nota l'osservatore della grande squadra che è sugli spalti oggi...".
Chiudo questo papello con un pensiero all'unica rimasta della sua famiglia, la sorella disabile grave, ricoverata in istituto da anni. Sarebbe "il caso" che qualche istituzione sportiva...non so se l'Udinese o il Livorno o l'Atalanta o ccchivvepare si prendesse l'impegno di contribuire alle spese-vitalizio per quel ricovero spettanti al familiare (che non c'è più)...
sarebbe il modo migliore per tener fede al ricordo di Pier Maria