Canaletto - Biografia
Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto, nasce a Venezia il 17 ottobre 1697 da una famiglia della buona borghesia veneziana. Nell’atelier del padre Bernardo (1675-1744), specializzato in pittura di scenografie teatrali, l’artista impara a dipingere decorazioni sceniche, collaborando con il padre e con il fratello Cristoforo per gli allestimenti di varie opere teatrali rappresentate a Venezia.
Di questa attività tuttavia nulla si conserva.
Anton Maria Zanetti jr., nel "Della pittura veneziana e delle opere pubbliche de' veneziani maestri" (Venezia 1771), riferisce che dopo aver “scomunicato” il teatro l’artista “passò a Roma, e tutto si diede a dipingere vedute dal naturale”. Il soggiorno nella città pontificia – in compagnia del padre – dura più di un anno, dalla fine del 1718 fino almeno all’estate 1720: ne rimane a testimonianza una serie di ventitré disegni con vedute di luoghi moderni e antichi, dal vivo e dalle stampe di Etienne du Pérac, di G.B. Falda e di altri, destinati probabilmente a essere incisi.
Per il carnevale 1720 Bernardo e “suo figliuolo Antonio” allestiscono al teatro Capranica le scene delle due opere di Alessandro Scarlatti, Tito Sempronio Gracco e Turno Aricino.
L’artista ritorna a Venezia nel 1720 e in quell’anno si iscrive alla Fraglia dei pittori. I disegni portati da Roma vengono utilizzati come repertorio di motivi, ma completati da scenari di fantasia, inquadrati con una sorta di quinte e illuminati da una luce scenica.
L’iconografia delle prime opere testimonia che ha conosciuto a Roma la pittura di rovine di Viviano Codazzi e di Giovanni Ghisolfi, quella dei bamboccianti, Sweerts, van Laer, Miel, Cerquozzi, probabilmente anche del contemporaneo Panini e il vedutismo di Gaspar van Wittel.
Per le tonalità brunacee e l'intenso chiaroscuro delle sue prime opere, Canaletto s’inserisce subito nell’ambiente artistico veneziano del momento, con Piazzetta, il giovane Tiepolo, Bencovich e soprattutto Marco Ricci, interpretandolo tuttavia con una personale drammaticità e sensibilità atmosferica ed una maggiore cura dei particolari e della resa luministica. Fino al 1725 non esistono notizie documentate sulla sua attività. Un punto fermo è la data 1723 apposta, con la firma, su uno dei due grandi Capricci architettonici per i fratelli Giovanelli a Noventa Padovana (collezione privata). Con le lettere che il pittore veronese Alessandro Marchesini invia da Venezia per un anno, a partire dal luglio 1725, a Stefano Conti, di cui era agente, iniziano le notizie – lettere, carteggi, diari – che accompagnano lo svolgimento della sua attività.
Nel 1725 l’artista ha già la fama di un genio che supera ampiamente la tradizione di pittura topografica di Luca Carlevarijs. Inizia anche ad essere apprezzato dai collezionisti veneziani (Zaccaria Sagredo, il carmelitano Jacopo Pedozzi, il feldmaresciallo Schulenburg) e stranieri in missione diplomatica a Venezia (il Conte Colloredo Waldsee, ambasciatore cesareo, e Jacques-Vincent Languet, Conte de Gergy, ambasciatore di Francia).
Il soprannome di “Canaletto” – confidenziale, come quello di “Tiepoletto”, tipicamente veneziano – compare nelle lettere del 1726 e designa l’artista in tutti i documenti successivi, anche se egli stesso inizia a servirsene solo negli anni quaranta. Già a partire dal 1722-23 lavora per il futuro console e mecenate inglese Joseph Smith, per il quale esegue una serie di disegni di San Marco, elaborata poi in sei tele destinate a decorare la sua casa (Windsor Castle e Buckingham Palace, collezioni reali), e la serie di vedute del Canal Grande. Nel 1725-26 è ingaggiato dall'impresario irlandese Owen McSwiney per la serie di "tombeaux des princes" destinata alla sala da pranzo del Duca di Richmond, in collaborazione con Piazzetta, Pittoni e Cimaroli. Il contatto col mondo anglosassone è decisivo per Canaletto, sia per la nuova destinazione delle sue opere sia per la partecipazione alla svolta rococò nell’ambiente artistico veneziano.
I primi mediatori con il mondo anglosassone, McSwiney e Anton Maria Zanetti il Vecchio, vengono sostituiti – probabilmente all’inizio degli anni trenta – da Joseph Smith, che diviene l’agente esclusivo di Canaletto. Il collezionismo anglosassone del momento richiede all’artista immagini “topografiche” di Venezia, secondo il repertorio ideato per lo Smith nelle dodici vedute del Canal Grande (ora a Windsor Castle, collezioni reali), di dimensioni contenute, contraddistinte da nuove e rigorose impostazioni prospettiche, una luminosità chiara e diffusa, una ricerca dei mezzi descrittivi adatti a ricreare il carattere dei luoghi. Ad Antonio Visentini è affidato il compito di inciderle ad acquaforte nell’album Prospectus Magni Canalis Venetiarum (Venezia 1735). Nel 1742, quando appare la seconda edizione dell’opera, il successo del vedutismo canalettiano e il collezionismo delle sue opere da parte dei viaggiatori del Grand Tour è nella fase culminante. Richiedono infatti suoi quadri il Duca di Bedford, il Duca di Leeds, il Conte di Carlisle, il Duca di Buccleuch, il Duca di Northumberland, il Conte di Fitzwilliam.
A partire dal 1735 circa entra nell’atelier il nipote Bernardo Bellotto (1722-1780), impegnato a preparare abbozzi e composizioni prospettiche, a riprendere schizzi dal vero e quelli di figure. Canaletto è considerato uno dei più brillanti disegnatori di tutti i tempi; molti dei migliori fogli da collezione vengono realizzati a cavallo del 1740 per lo Smith e introducono nuovi motivi lagunari, di collina, di Mestre, Dolo, Padova e dei dintorni, vedute romane e capricci con rovine. Nello stesso tempo egli inizia a incidere all’acquaforte, sotto l’impressione dei pittori-incisori, Rembrandt e Castiglione, come provano le tavole delle Vedute altre prese da i Luoghi altre ideate da Antonio Canal e da esso intagliate poste in prospettiva, che presentano una poetica percezione del paesaggio, vero o inventato, ricreato con attenzione ai più sottili effetti atmosferici. Alla fine di maggio del 1746 Canaletto si reca a Londra, con una lettera di presentazione per il Duca di Richmond. Per dissipare l’iniziale diffidenza è tuttavia costretto a pubblicare un annuncio sul Daily Advertiser, il 25 luglio 1749 e il 30 luglio 1751. Alla fine riceve numerose commissioni, soprattutto da parte degli aristocratici che conoscevano la sua fama a Venezia: il Duca di Northumberland, Francis Greville, Lord Brooke; il Duca di Beaufort; il principe Lobkowicz e l’intellettuale Thomas Hollis.
In Inghilterra l’artista ricrea con nuovi mezzi stilistici le atmosfere locali e interpreta una civiltà diversa da quella veneziana. Si rendono pienamente evidenti le sue capacità compositive, che riescono a dominare vedute dagli orizzonti sconfinati, e descrittive, che rendono le complesse scene urbane e dei castelli con una delicata minuzia e un autentico interesse per le architetture inglesi. È di questi ultimi anni la rivalutazione del periodo inglese, finora considerato inizio della sua decadenza. Il soggiorno in Inghilterra, interrotto da due brevi ritorni in patria nel 1750-51 e nel 1753, si conclude prima del dicembre 1755. Rientrato a Venezia, mentre Francesco Guardi inizia a conquistare il tradizionale collezionismo inglese del Grand Tour, Canaletto continua a lavorare, ma in scala minore e intima. Disegna molto, soprattutto a capriccio, creando alcuni capolavori, come la Fantasia architettonica per l’ormai anziano Joseph Smith; continua a indagare, in una serie di piccole tele, effetti luministici e prospettici degli stessi luoghi e edifici veneziani già molte volte ritratti nella maturità. La morte lo coglie il 18 ottobre 1768 nella sua casa a San Lio.
ENTE PROMOTORE: SENATO DELLA REPUBBLICA
IN COLLABORAZIONE CON IL MINISTERO DEI BENI CULTURALI
bibliografia
- Terisio Pignatti, Canaletto, Giunti, 2001.
- Lionello Puppi, Giuseppe Berto, L'opera completa del Canaletto, Rizzoli (collana "I classici dell'arte"), 1968.